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A che punto sono gli abbattitori di solventi: carboni attivi oppure postcombustori?



Si sta ritornando all’uso delle vernici al solvente, trascurando quelle all’acqua. In primo luogo perché queste ultime costano di più e, in momenti nega­tivi come questo (dal punto di vista industriale), il risparmio va­le quanto una verniciatura al lotto; secondariamente (ma non per importanza), perché l’industria che funziona bene è quella automobilistica e, per analogia, quella del suo indotto. Come è ben noto, le vernici per il settore automotive, che ser­vono per la finitura di parti metalliche e plastiche, per inter­no e per esterno (salvo pochi casi), sono tutte al solvente, e quest’ultimo dev’essere abbattuto (recuperato o bruciato). Per questo ogni azienda della metalmeccanica deve tener conto dell’investimento in impianti di abbattimento: postcom­bustori o carboni attivi?
A parità di abbattimento qualitativo, vince sicuramente l’alter­nativa dell’impianto a carboni attivi e lo si nota dai relativi costi:  
  • Un impianto di postcombustione rigenerativa su di una ca­bina di 25.000 m³\h e relativo forno di cottura per abbattere ad esempio 2 g\m³ di solvente, costa circa 350.000 euro: non solo, ad ogni fine mese occorre aggiungere altre ingenti som­me per farlo funzionare; ci sono ulteriori spese da tenere in considerazione…
  • Un impianto di abbattimento solventi con carboni attivi (au­torigenerabili) dopo saturazione, costa circa 170.000 euro, senza ulteriori spese operative (se non per l’autoproduzione di vapore acqueo adatta allo strippaggio dei solventi, utilizzando il potere calorifico dei solventi).

L’Anver, Associazione Nazionale Verniciatori, è disponibile, come da statuto, per un aiuto collaborativo volto ad effettuare un’analisi di confronto tecnico-economico tra l’impianto a carboni attivi e quello di postcombustione a vari metodi.

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