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Vernici all’acqua: dobbiamo essere fiduciosi per il futuro?




Gianni Giardina: un impiantista che ha maturato oltre 45 anni di esperienza nel settore degli impianti per la verniciatura del legno.

PM: Lei ha potuto seguire nei passati decenni il battesimo di centinaia di impianti che usavano le vernici all’acqua. Quali sono stati le motivazioni che hanno favorito all’epoca queste installazioni e se queste motivazioni oggi, possono essere ancora valide per riproporre l’uso di queste vernici.
GG: Nel secolo scorso, la forte espansione ed industrializzazione del settore del legno, aveva portato ad un uso scellerato delle vernici a solvente, ai danni dell’ambiente e delle persone che lavoravano nelle fabbriche. Delle conseguenze indirette ne hanno subite anche i compratori finali dei manufatti verniciati, che hanno respirato per anni i solventi che fuoriuscivano dalle superfici dei mobili acquistati anche molto tempo prima. Tutti, per diverse ragioni, volevano eliminare i solventi dalle vernici, eppure il cambiamento è iniziato solo con l’inizio del nuovo secolo.

PM: Cosa aveva impedito prima il cambiamento?
GG: In questo campo bisognava che i tre attori protagonisti (vernici, impianti, verniciatori) viaggiassero assieme. Alla fine del secolo scorso, le vernici a base acquosa non erano vendibili per diversi motivi:
1) Costavano molto di più rispetto a quelle a solvente.
2) Gli impiantisti non potevano garantire la ripetitività dell’essiccazione perché era molto difficile, applicando ad esempio le vernici a spruzzo, avere una costanza di spessore in ogni parte del pezzo verniciato e, di conseguenza, fornire una giusta quantità di aria con le caratteristiche di umidità necessarie per strippare l’acqua contenuta nel film di vernice. Quindi i verniciatori, giustamente, non erano disposti ad avere un risultato incerto e a spendere di più in costi di produzione.

PM: Cosa è successo allora che ha fatto cambiare lo scenario a partire dal 2000, tanto che centinaia di utilizzatori hanno installato, con successo, impianti all’acqua nei primi 5-6 anni del nuovo secolo?
GG: Durante il 1999, un giovane ingegnere friulano, che lavorava in un centro di ricerca regionale, modificando accidentalmente certe lunghezze d’onda, ha riscontrato delle anomalie sui campioni sui quali stava lavorando. Tramite conoscenze comuni, me le ha sottoposte. Questo mi ha spinto a costruire un prototipo e, con l’aiuto di altre tecnologie già consolidate, ho potuto mettere a punto un sistema che asportasse l’acqua contenuta nella vernice, senza riscaldare il pezzo e senza adoperare per l’essiccazione l’aria dell’ambiente che poteva, come già detto, non avere i parametri corretti.

PM: Le vernici erano quindi già pronte?
GG: Non ancora, ma eliminando la variabile “aria” dall’essiccazione, gli utilizzatori hanno comunque iniziato a lavorare e a produrre con le vernici all’acqua. Nel frattempo, nei sei mesi intercorsi tra l’assenso del cliente per la nuova installazione e la consegna definitiva della stessa, i tecnici delle vernici hanno potuto, usando il nostro laboratorio, fare la messa a punto delle vernici in funzione della qualità richiesta dal cliente. Contando già su consumi sicuri ed un enorme mercato potenziale, i produttori di vernici si sono buttati nella ricerca, riuscendo in poco tempo ad abbassare i prezzi e a portare le caratteristiche delle vernici all’acqua allo stesso livello di quelle a solvente.

PM: Cosa è stato fatto per vincere lo scetticismo verso i prodotti all’acqua?
GG: Si è molto lavorato nel marketing. Ad ogni nuovo impianto funzionante, veniva realizzata una visita al cliente con intervista, foto e filmato. Il tutto poi veniva spedito, via email, a centinaia di clienti potenziali e postato sul sito. Nessuno così poteva mettere in dubbio le parole di un cliente che mostrava soddisfatto la propria produzione verniciata con vernici all’acqua, mentre veniva accatastata all’uscita del forno. Questo ha avuto l’effetto di dare fiducia alle vernici all’acqua e ai nuovi impianti proposti sul mercato.
Nel frattempo, per spessori di vernici non molto alti, anche altre tecnologie come gli IR ed i forni verticali, hanno potuto essere proposte con successo da parte di altri impiantisti. 

PM: Cosa è successo poi? Perché le statistiche ci dicono che i consumi dei prodotti all’acqua sono diminuiti?
GG: Con la crisi generale che ha colpito il mondo intero, nel settore del mobile, non sono andati in crisi solo i prodotti all’acqua, ma tutti i sistemi di applicazione progettati per grandi serie di pezzi.  Nessuno era attrezzato per lavorare i prodotti all’acqua su piccole serie, quindi verniciavano a mano in cabina o si affidavano ai contoterzisti che lavoravano anch’essi in cabina. Lavorare in cabina le vernici all’acqua senza le adeguate attrezzature, voleva dire affidarsi per l’essiccazione alle condizioni atmosferiche e questo, lo abbiamo già visto, era molto pericoloso. Bisogna aggiungere poi, che quando si applica la vernice pigmentata su entrambi le facce ed i bordi di un pannello, è importante per la qualità finale, farlo con la medesima vernice. Ora se si spruzza la prima faccia, prima di applicare la vernice sulla seconda, bisogna attendere che la prima sia abbastanza asciutta per poter girare il pezzo. Ma se si devono attendere ore perché questo accada, il pot life (tempo di catalisi) sarà sicuramente già scaduto e quindi si deve buttare la vernice e rifarne dell’altra, che potrebbe non avere le stesse tonalità di colore della prima.  

PM: Quindi come se ne esce? Dobbiamo attendere che passi la crisi per ritornare a non inquinare usando gli impianti industriali?
GG: Non necessariamente, esistono i sistemi sicuri per l’essiccazione di vernici all’acqua per i singoli carrelli, che essiccano i piccoli lotti in tempi rapidi per poter girare i pannelli, adoperando così la stessa vernice su entrambi le superfici. Io ne ho costruiti minimo una decina a clienti che già lavoravano con piccoli lotti. In Italia esistono minimo tre impiantisti ancora in grado di produrli. Sono impianti piccoli che costano relativamente poco.

PM: Ditte come Ikea, hanno fatto delle vernici non inquinanti il loro punto di forza commerciale ed in più le leggi, sembrano voler andare contro le vernici a solvente. Come possono i verniciatori competere con Ikea e rispettare le leggi?
GG: Contro Ikea è impossibile fare una guerra globale; si può tentare di combattere solo su alcuni segmenti di mercato. Ikea anni fa era conosciuta come un produttore di mobili economici, brutti e poco affidabili. Con il tempo ha investito in qualità e marketing. Ha fatto capire al mondo che il bello ed il brutto sono soggettivi, dato che devono accontentare i gusti di quasi tutto il mondo, ma la qualità, il prezzo e l’affidabilità sono oggettivi, così come pure il rispetto per l’ambiente.
Il mobiliere che vuole competere con Ikea, o con aziende simili, naturalmente in una fascia di clientela diversa, può farlo solo con il design.

PM: In sintesi cosa bisogna fare?
GG: I mobilieri, con la crisi, hanno giustamente dovuto adeguare I propri costi generali al nuovo fatturato. Ora devono adeguare l’impiantistica alla nuova necessità produttiva. Quindi impianti flessibili, che accettano il lotto “uno”, con la giusta quantità di meccanizzazione e soprattutto, adoperare con questi impianti, vernici non inquinanti. Poi tutto va affidato al marketing.






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