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LA STAMPA 3D TRA MITO E REALTÀ: quali le implicazioni per la finitura? di Marco Miticocchio


La stampa 3D è una delle tecnologie ”di moda” del momento, e a detta di molti cambierà radicalmente il modo di produrre. I futurologi ipotizzano scenari un cui le fabbriche tradizionali spariranno, spazzate da una ondata di “artigianato” elettronico distribuito, democratico e in grado di produrre lotti minimi (idealmente 1 pezzo) di prodotti personalizzati in base alle richieste del cliente.
A qualcuno ritornerà in mente quando nel 2000, con l’esplosione di internet, si diceva che i negozi tradizionali sarebbero scomparsi…. Non è andata così, ma il mondo del commercio è comunque cambiato radicalmente.
In questo articolo cercheremo di capire le possibili implicazioni per la produzione, e quindi per la finitura, partendo dalla comprensione della tecnologia e chiarendo alcune delle parole che stanno diventando di moda.

La stampa 3D
Per stampa 3D si intende una serie di tecnologie che producono un oggetto per aggiunta di materiale. Generalizzando si possono individuare due tipologie di stampa:
  • per estrusione o deposito di materiale: strati di materiale vengono riscaldati e depositati successivamente per “costruire” l’oggetto
  • per sinterizzazione o indurimento di materiale: in questo caso, tipicamente con un laser, si “disegna” l’oggetto all’interno di un liquido o di polveri che vengono indurite dal laser
In entrambi i casi l’oggetto viene prodotto per piani, come se si costruisse una montagna aggiungendo una sopra l’altra le sezioni corrispondenti alle curve di livello.
La stampante riceve in input un modello 3D dell’oggetto da produrre, rappresentato secondo un linguaggio standard – ce ne sono più di uno – ed è in grado di tradurre le informazioni in istruzioni di movimento per le proprie parti mobili, esattamente come una stampante cartacea è in grado di muovere la propria testina per stampare un file dal pc.
Vediamo i vantaggi - tipici della trasformazione digitale di qualunque processo – rispetto alla produzione “tradizionale”:
  • flessibilità e costi, soprattutto per piccole serie: non sono necessari attrezzi e stampi
  • despecializzazione: la stampante 3D sostituisce più macchine e processi tradizionali. Per esempio si possono produrre in una unica operazione forme complesse che richiederebbero operazioni di asportazione di materiale dopo la fusione o lo stampaggio, o addirittura la produzione di più parti da assemblare.
  • Tempi di set-up nulli o comunque minimi: basta caricare il modello 3D dell’oggetto e si puo’ cominciare.
  • Scalabilità: con meno di 1000 euro si possono ormai comprare stampanti casalinghe per la plastica, per crescere a modelli industriali
  • Possibilità di realizzare anche oggetti molto complessi e più grandi delle dimensioni della stampante, dividendoli in parti prodotte sulla stessa macchina. Tipicamente i software di progettazione supportano la divisione in parti a partire dal prodotto finito

Per quanto riguarda i materiali, la applicazione più diffusa riguarda le materie plastiche alle quali fanno seguito i metalli. Ci sono poi applicazioni ancora in fase di sperimentazione per il legno, gli alimenti (ad es stampa di cioccolatini), i circuiti elettronici, e addirittura le molecole, con realizzazioni nel campo della biotecnologia o della nanotecnologia.
Vorrei chiudere questa breve panoramica sulla tecnologia con alcune considerazioni.
La prima è che si tratta di una tecnologia in forte evoluzione. Non escludo che nel giro di pochissimi mesi ci possano essere innovazioni che superano le considerazioni esposte in questo articolo. Questo rende complesso trarre conclusioni, perché stiamo “fotografando” una situazione in evoluzione.
La seconda è che la tecnologia, anche se lascia immaginare spazi di applicazione estremamente interessanti, è oggi ancora piuttosto “primitiva”. Chris Anderson, nel bellissimo libro “Makers” a cui rimando chi volesse approfondire l’argomento, fa un parallelo con la stampa desktop tradizionale: oggi abbiamo in casa, per poche centinaia di euro, stampanti laser di qualità fotografica; ma vi ricordate le stampanti ad aghi della metà degli anni ottanta? Quindi è plausibile pensare, che cavalcando quella che lui chiama l’ onda lunga dell’innovazione, tra trent’anni o forse prima saranno effettivamente possibili alcune delle applicazioni che oggi sono solo ipotizzabili. Per questo è importante distinguere i miti dalla realtà.
L'articolo completo (1° parte): www.larivistadelcolore.com/PromoVDL

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