La stampa 3D è una delle tecnologie
”di moda” del momento, e a detta di molti cambierà radicalmente
il modo di produrre. I futurologi ipotizzano scenari un cui le
fabbriche tradizionali spariranno, spazzate da una ondata di
“artigianato” elettronico distribuito, democratico e in grado di
produrre lotti minimi (idealmente 1 pezzo) di prodotti personalizzati
in base alle richieste del cliente.
A qualcuno ritornerà in mente quando
nel 2000, con l’esplosione di internet, si diceva che i negozi
tradizionali sarebbero scomparsi…. Non è andata così, ma il mondo
del commercio è comunque cambiato radicalmente.
In questo articolo cercheremo di capire
le possibili implicazioni per la produzione, e quindi per la
finitura, partendo dalla comprensione della tecnologia e chiarendo
alcune delle parole che stanno diventando di moda.
La stampa 3D
Per stampa 3D si intende una serie di
tecnologie che producono un oggetto per aggiunta di materiale.
Generalizzando si possono individuare due tipologie di stampa:
- per estrusione o deposito di materiale: strati di materiale vengono riscaldati e depositati successivamente per “costruire” l’oggetto
- per sinterizzazione o indurimento di materiale: in questo caso, tipicamente con un laser, si “disegna” l’oggetto all’interno di un liquido o di polveri che vengono indurite dal laser
In entrambi i casi l’oggetto viene
prodotto per piani, come se si costruisse una montagna aggiungendo
una sopra l’altra le sezioni corrispondenti alle curve di livello.
La stampante riceve in input un modello
3D dell’oggetto da produrre, rappresentato secondo un linguaggio
standard – ce ne sono più di uno – ed è in grado di tradurre le
informazioni in istruzioni di movimento per le proprie parti mobili,
esattamente come una stampante cartacea è in grado di muovere la
propria testina per stampare un file dal pc.
Vediamo i vantaggi - tipici della
trasformazione digitale di qualunque processo – rispetto alla
produzione “tradizionale”:
- flessibilità e costi, soprattutto per piccole serie: non sono necessari attrezzi e stampi
- despecializzazione: la stampante 3D sostituisce più macchine e processi tradizionali. Per esempio si possono produrre in una unica operazione forme complesse che richiederebbero operazioni di asportazione di materiale dopo la fusione o lo stampaggio, o addirittura la produzione di più parti da assemblare.
- Tempi di set-up nulli o comunque minimi: basta caricare il modello 3D dell’oggetto e si puo’ cominciare.
- Scalabilità: con meno di 1000 euro si possono ormai comprare stampanti casalinghe per la plastica, per crescere a modelli industriali
- Possibilità di realizzare anche oggetti molto complessi e più grandi delle dimensioni della stampante, dividendoli in parti prodotte sulla stessa macchina. Tipicamente i software di progettazione supportano la divisione in parti a partire dal prodotto finito
Per quanto riguarda i materiali, la
applicazione più diffusa riguarda le materie plastiche alle quali
fanno seguito i metalli. Ci sono poi applicazioni ancora in fase di
sperimentazione per il legno, gli alimenti (ad es stampa di
cioccolatini), i circuiti elettronici, e addirittura le molecole, con
realizzazioni nel campo della biotecnologia o della nanotecnologia.
Vorrei chiudere questa breve panoramica
sulla tecnologia con alcune considerazioni.
La prima è che si tratta di una
tecnologia in forte evoluzione. Non escludo che nel giro di
pochissimi mesi ci possano essere innovazioni che superano le
considerazioni esposte in questo articolo. Questo rende complesso
trarre conclusioni, perché stiamo “fotografando” una situazione
in evoluzione.
La seconda è che la tecnologia, anche
se lascia immaginare spazi di applicazione estremamente interessanti,
è oggi ancora piuttosto “primitiva”. Chris Anderson, nel
bellissimo libro “Makers” a cui rimando chi volesse approfondire
l’argomento, fa un parallelo con la stampa desktop tradizionale:
oggi abbiamo in casa, per poche centinaia di euro, stampanti laser di
qualità fotografica; ma vi ricordate le stampanti ad aghi della metà
degli anni ottanta? Quindi è plausibile pensare, che cavalcando
quella che lui chiama l’ onda lunga dell’innovazione, tra
trent’anni o forse prima saranno effettivamente possibili alcune
delle applicazioni che oggi sono solo ipotizzabili. Per questo è
importante distinguere i miti dalla realtà.
L'articolo completo (1° parte): www.larivistadelcolore.com/PromoVDL
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